lunedì 27 gennaio 2014

Szia ti dico che è cossì


Qualche mese fa, seduta per terra su un tappetone colorato, cercavo di insegnare a mia nipote, di due anni, come si fanno i puzzle.
Noi “grandi”, quando ci sono i bambini, tendiamo sempre a voler insegnare qualcosa, qualsiasi cosa.
Sarà che abbiamo come la sensazione di tenerli per mano durante le loro prima volte, che siano le prime chiacchierate a telefono, il ciao con la manina, bere una cocacola con la cannuccia, mangiare la nutella direttamente dal barattolo, dire bye bye quando esci da una stanza o “good Morning” quando ti svegli.
Tenerli per mano quando iniziano a camminare e poi a correre. Vederli crescere e pensare che un pezzetto, piccolo, minuscolo, insignificante ce l’hai messo anche tu.
Le cose elencate sopra, per esempio, io le ho insegnato a lei.
E ho cercato di insegnarle a non piangere quando la mamma non c’è, tanto c’è la zia, addormentarsi dopo una favola inventata sul momento mentre io trattengo a mala pena le risate per quanto è scema e lei, invece, è tutta interessata, mettersi a letto e cantare “solo per te” dei Negramaro, dire “one day baby, we’ll be old” o ballare sulle note di Blurred lines con tutte le mossette.
Anche quella sera, cercavo di insegnarle il poco che so.
Prendevo i pezzetti del puzzle e li incastravo. 
Dicevo, si fa così amore. 
Lei mi guardava perplessa. 
Lei che ha imparato a dire il mio nome prima di papà. Ha imparato un sacco di altre cose prima di dire papà, se proprio devo dirla tutta.
E il mio nome lo diceva in un modo un po’ strano e poi ci usava i vezzeggiativi. Avevo sempre un nome che finiva in “uzza”, “ina” e “uccia”.
Come il suo nome che pronunciava con la S dolce che sembrava una nordica in vacanza al sud.
Come i modenesi quando dicono “pizza” ed esce “pissa” ed è dolce. Uguale.
Quella sera, che ha la S dolce, mi guardava strana.
Prendeva i pezzi del puzzle e mi diceva “no szia, si fa cossì”.
Il maiale finiva con il corpo di una mucca, la gallina si attaccava al laghetto, la fattoria non aveva il tetto però aveva un gran cielo azzurro con il sole e le nuvole mischiate.
“No, tesoro. Vedi che non è uguale alla foto?”
“Szia ti dico che è cossì”.
Irremovibile lei.
Talmente tanto convinta che a un certo punto ho smesso di insistere. Sembrava più bello fare i puzzle senza un senso, con la mucca che ha la testa di un maiale e la casa senza un tetto.
E quella sera non le ho insegnato praticamente nulla ma lei mi ha insegnato che le cose non sono sempre così ovvie, così scontate. 
Che due pezzi, magari, sembrano perfetti per stare insieme ma non è il momento per farli combaciare e probabilmente, per ora, è meglio una casa senza un tetto ma pieno di azzurro di cielo.
E questa cosa, sicuramente, avrà senso solo per me perché me l’ha insegnato lei e voi che non la conoscete non potete capire.
Però, mi sembrava bella da scrivere per non dimenticarla.
Soprattutto nei pomeriggi che fuori piove e mi pare che manchi un pezzo.
“Szia ti dico che è cossì”, mi ripeto.
E le cose vanno meglio.

lunedì 20 gennaio 2014

"Maria, io lascio il programma"


E’ tutto il giorno che scrivo e mi sembra che non sia mai abbastanza.
Lavo per terra, scrivo una cosa, salvo, cucino, ricomincio a scrivere, salva file con nome, chiudo pages, inizio a leggere, guardo una puntata di Gossip Girl (di nuovo, per la milionesima volta), riapro pages.
Sarà che ho passato 24 ore da sola ed è stato bellissimo.
Mi viene voglia di cantare, cucinare, scrivere, fare il bucato. Cose di cui, onestamente, farei a meno nella vita di tutti i giorni.
Non uso facebook da un po’, lo trovo deprimente e triste. La fiera dell’ovvio.
Ogni volta che vorrei pubblicare qualcosa, penso sempre che non ne vale la pena e richiudo tutto.
L’ultima volta che ci ho scritto, e mentre lo facevo ridevo da pazzi, qualcuno si è un po’ risentito, qualcun altro invece ha iniziato a ripetere quello che avevo scritto quando mi ha incontrato per strada. Che anche che palle. 
Usare cinismo e sarcasmo su Facebook è come andare con delle Laboutine vere a un matrimonio organizzato dal Boss delle Cerimonie (sì, il programma che stanno facendo ultimamente su Real Time).
Ecco perché non potrei mai firmarmi su questo blog.
Oltre tutto, su questo blog, ci ho buttato anche un sacco di paranoie e tristezze.
Oh gente, io non sono così. Non sempre, almeno.
Sono anche un po’ scema, un po’ bionda dentro.
Mi nutro di cibo spazzatura e ogni tanto anche di tv e musica trash.
Non è un vanto, attenzione. Anche perché passare da musica alternativa tipo Brunori e Colapesce per poi finire in doccia a cantare “case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale che anche se non valgo niente per lo meno a te, ti permetto di sooognare”, è quasi da border line all’ultimo stadio.
Solo che io mi prendo poco sul serio.
Mi piace parlare di Maria De Filippi e poi parlare seriamente di politica italiana ed estera.
Ho delle opinioni su Renzi, sulle staminali, sulla crisi, su Barack Obama ma guardo anche Master chef e odio Rachida.
Adoro parlare di calcio, di tifo, di calcio mercato, della juve che ruba le partite, dell’inter che è una merda perché, insomma, sticazzi chi vince, il bello è vedere il tifoso diventare nervoso di fronte le tue tesi assurde che per un secondo sembra che sei la massima esperta di calcio e poi resti perplessa di fronte un calcio d’angolo perché, ovviamente, non sai che cazzo è.
Dico un sacco di parolacce, guardo poca televisione perché odio la pubblicità e le fiction italiane. 
Sono cresciuta a pane e serie tv americane che Dawson’s creek e Gilmore girls ve li potrei doppiare senza alcun tipo di problema e, soprattutto, senza copione.
E ho visto tutte le puntate di Costantino e Alessandra a Uomini & Donne. 
Alessandra con quei copri spalla improponibili, i capelli lisci, lisci, gli occhi a palla. Le liti, “Maria, io, io ti saluto” e il finale con grandi pianti con Costantino che dice “non c’è un motivo per cui io oggi ti scelgo. Ti scelgo così perché è giusto che finisce così”.
E loro a Fregene che corrono, in sottofondo Venditti, i fuochi d’artificio sul mare, lei che dice “e quindi” e lui che risponde “e quindi, ti amo” come se ci fosse una logica.
Che ok, sono una persona impegnata, riservata, guardo i bei film, leggo un sacco e di tutto ma mi volete spiegare come fate a piangere, singhiozzando, se non guardate cose così? O se non ascoltate in loop tutta la discografia di Tiziano che la paranoia ce la tira a pacchi?
A me quando mi prende il momento trash, vuol dire che sono in palla sul serio e che qualcosa sta funzionando male.
Tipo ora che ho iniziato ad ascoltare “The voice within” dell’Aguilera e che ho la risatina nervosa di una che sta per esaurire.
Oggi, uno dal nulla, mi ha scritto che viene a Roma a metà febbraio e io volevo rispondergli “auguri” ma mi sembrava poco educato.
Mica l’ho capito perché mi cerca solo la gente che non m’interesserà mai.
Non so se s’è capito che sto scrivendo senza avere nulla da dire.
Mi sa di sì.
Solo che devo studiare e sto perdendo tempo di proposito perché mi scoccia farlo.
E quindi, niente, volevo raccontarvi anche questa parte un po’ idiota di me che avevo paura che m’immaginaste vestita h&m, con le cuffie grandi in metro, gli occhiali da nerd (no, questi li ho davvero) e il parka verde militare mentre leggo Bukowski.
Sono più normale, più sfigata, più niente di che di quanto voi possiate immaginare.
Ho anche qualche kg in più da un paio d’anni.
Però, questo blog, quando l’ho aperto quel lontano 2012, io non pensavo che sarebbe arrivato ad oggi e non pensavo che avrebbe “raccontato” tutte queste cose.
E forse, è una forma di esibizionismo quella di raccontarsi attraverso internet (il mio esibizionismo, però, è piuttosto strano considerato che tengo nascosto questo coso come Frodo con l’anello) però mi piace.
E mi piace leggere di alcuni di voi, immaginarvi di che colore avete i capelli, se quello che raccontate è tutto tutto vero, se siete delle persone simpatiche nella vita.
E mi piace scambiarmi le mail con la diciassettenne che mi scrive i trucchi per dormire ed è bella, bella e dolcissima.
Ecco, semplicemente, volevo ringraziarvi perché mi leggete e siete moltissimi, perché mi seguite anche se io riesco a seguire poche, pochissime, persone.
E perché io non me l’aspettavo che finiva così. 

domenica 19 gennaio 2014

Tu hai l'anima che io vorrei avere


C'è questa cosa che, ormai, qualsiasi cosa succeda, pensiamo: beh, poteva andare peggio. Intanto ci siamo e stiamo bene, ci possiamo parlare anche se solo a telefono o via sms o per email o su whatsapp però stiamo bene.
Non so se è riduttivo e se un po' sminuiamo la vita, ma c'è questa cosa che, ormai, ci diciamo che poteva andare peggio.
Non ce lo diciamo sempre, ma di sicuro lo pensiamo ogni secondo della nostra vita.
Almeno, io lo faccio.
Ho come la sensazione che certe cose non torneranno più, mai più come prima.
Ho la sensazione che non ci saranno più i messaggi che ci dicevamo ho bisogno, prendi tre birre e solito posto tra mezz'ora. Non ci saranno i pomeriggi sul tappetone a guardare tutti programmi spazzatura che sky ci offre.
Non sarò più la "bionda", principessa che sogna la Birkin e un viaggio lontano. Anche perché dicono che non sono proprio più la principessa bionda, che adesso sono più Zoeey Deschanel in 500 days of Summer (ma questa è un'altra storia). 
Ecco, mi pare che si è perso un pezzo del puzzle e che non lo so se riusciremo mai a ricomporlo e, in ogni caso, non mi ricordo più qual era l'immagine da comporre.
C'era un sole, un prato, una mucca, una gallina e un mulino?
C'era un laghetto? 
Chi può saperlo.
Se ci sono cose che mi mancano, potrei semplificarle in:
- la leggerezza di prendere in giro le femmine, quelle vere, che parlano di trucchi e smalti. Che abbinano gli ombretti e le borse. Noi non siamo mai state capaci e le nostre occhiaie hanno fatto un sacco di uscite in pubblico.
- le risate a parlare di fidanzati, ex, aspiranti fidanzati o presunti tali. Carrie e amiche a noi possono solo "spicciare casa" (come direbbero da questa parte di mondo in cui vivo).
- la sensazione di assoluta serenità, d'amore, tranquillità che solo con lei anche quando c'era il mondo che ci cascava addosso. 

Ecco, visto che il mondo ci è cascato addosso, pezzo per pezzo senza risparmiarci neanche un po', penso che adesso qualcosa si dovrà ricostruire.
E io penso che, insieme, come sempre è stato, anche solo un piccolo angolo di mondo riusciamo a rimetterlo in piedi.
E io, magari, torno a dormire, a fare sogni normali, a desiderare le cose che si desiderano a vent'anni (e qualcosina).

Intanto, bevo camomilla come fosse l'unico rimedio a tutto. Il prossimo passo è lo stilnox.

Questa l'avevo dedicata a lei da subito perché appena l'ho sentita, ho pensato che En&Xanax poteva essere solo nostra.
E oggi più che mai, sento che è nostra.


"Se non ti spaventerai con le mie paure, un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle. In due si può lottare come dei giganti  contro ogni dolore e su di me puoi contare per una rivoluzione.
Tu hai l'anima che io vorrei avere."

martedì 14 gennaio 2014

Un'isola


La bionda, di là, studia inglese e ride mentre l'altra le urla contro che c'è Gabriel Garko alla tv che secondo lei è l'uomo più bello del mondo e quindi diventa scema a guardare tutte le fiction che ci propina la tv (e dove lui, di solito, recita da vero cane).
Io domani ho un esame e neanche un po' d'ansia.
Non ho studiato molto ma oh, l'ansia non ce l'ho, che ci posso fare?
Tant'è che invece di ripassare mi è venuta una gran voglia di scrivere. Cosa? Non lo so.
Io domani al professore gli parlo di me che sul libro c'è scritto che la modernità ha rovinato tutto, siamo più soli e meno consapevoli, siamo travolti dalle cose e più estranei e poi c'è il sesso che livella tutto.
No, non credo ci sia scritto esattamente questo ma sono le poche cose che ricordo.
Io domani gli dico che non sono sola, che ho degli amici belli come pochi, che ho una famiglia e una casa.
Gli dico che al massimo mi isolo, quello sì.
Sono nata in un'isola e io sono un'isola. Mi faccio toccare dalla gente come il mare tocca la Sicilia, mi faccio modificare ma in minima parte che per cambiarmi ci vorrebbero gli anni che non vivrò mai. 
Gli dico che ho prenotato un treno e che spero di prenotarne tanti quest'anno. 
L'isola vuole spostarsi e vuole vedere.
Non che non mi basti Roma ma qui mi manca la gente da abbracciare e io dopo un po', anche se sono un'isola, ne sento un bisogno impellente.
Ma è perché sono qui da poco o perché sono già grande per crearmi rapporti importanti?
Sto pianificando un'intera settimana da passare da sola qui a casa, mentre la bionda e l'altra tornano a casa.
Mangerò schifezze e studierò e così per sette giorni. 
Sembra la vita di un'anziana signora e non quella di una studentessa appena trasferita in una grande città. Ma che ci posso fare se mi hanno fatto vecchia?
Da mesi non aspetto chiamate, messaggi, non apro email con il cuore alla gola. Non c'è nessuno a cui pensare, nessuno da desiderare quando sono sola in questo letto troppo grande.
Sono vecchia dentro mi sa.
Che ci posso fare se non ci trovo niente di bello nel flirtare o nello scopare con gente che hai appena conosciuto? Non so come facciano alcune a farselo andare bene.
Sabato si avvicina una macchina, fischiano. Io e la bionda continuiamo a camminare.
Volete un passaggio, ci chiedono.
No, grazie.
Insistono.
No, grazie. E vanno via.
Rido.
Ma adesso si corteggiano così le donne?
Sì? 
Sono vecchia.

venerdì 10 gennaio 2014

Un timido aggressivo


"Ma voi, voi due, non eravate grandi amici?"
"Amici credevo di sì, grandi amici no di sicuro."
"E adesso?"
"E adesso non lo so."
"E' un cretino"
"Ma gli voglio bene ancora. E no, non è un cretino."
"Hai ragione, non è un cretino. E' capace ma fa delle cose che non hanno senso. E non sa prendere delle decisioni"
"Però gli voglio bene"
"Per forza, non riesci a essere obiettiva nei suoi confronti"
"No, sono anche obiettiva. So quando sbaglia e riesco a scindere quello che è per me da tutto il resto."
"Secondo me è un timido aggressivo e finisce per sembrare poco umile"
"In pratica, è come mio padre"
"Eh"
"Oh mio dio, sta cosa è terrificante".

Dialoghi tra me e colui che potrebbe essere la mia coscienza (ma, in realtà, è quello che potrebbe essere l'uomo della mia vita se non avesse il doppio dei miei anni).

Allora me lo ripeto tre o quattro volte al giorno: lui è come tuo padre ed è anche un timido aggressivo.
Na merda, insomma.

Roma, 3.52 di un giorno che non ricordo che giorno è.



mercoledì 8 gennaio 2014

Mi sa


Sono le 5.18 e le persone normali a quest'ora dormono.
Io no che non ho sonno e me ne verrà molto tra un paio d'ore quando invece ci si aspetta che faccia altro, come studiare o andare in giro a salutare amici e parenti.
Giovedì, quindi praticamente domani, torno a Roma e non sono pronta.
Non sono pronta, per la prima volta, a lasciare questo posto, a lasciare lei, a tornare in quella città e pensare alle cose, alle persone, che non avrò mai.

Comincio a pensare che se tutto va male è per colpa di tutte le catene di sant'antonio che ho spezzato negli anni.
Magari le avessi mandate ai miei dieci amici, che se te ne tornano indietro tre vuol dire che qualcuno ti ama, a questo punto sarebbe diverso.
In compenso, mi sta tornando la gastrite e faccio questa vita qui che alle 5 non ho sonno e alle 12 sono in coma.
Io quando mi immaginavo la mia vita mica me la immaginavo così.
Pensavo che a 23 anni dovevo essere già quasi laureata, con un fidanzato e un anello di fidanzamento all'anulare.
Mi sa che ci sto (ri)ripensando e rivoglio essere una principessa, o solo una signora bene che il pomeriggio esce con le amiche per giocare a burraco.
Mi sa.

venerdì 3 gennaio 2014

Ricordi

Ho due ricordi abbastanza nitidi. 
Nel primo ci sono io seduta su una poltrona rossa del cinema. Ho in mano i pop corn e accanto a me ci sono mia madre e mia nonna. Stiamo guardando il Titanic. 
Io, Leonardo di Caprio pensavo di amarlo a quell'età. Primo e unico biondo della mia vita. 
Mia nonna a un certo punto si alza per andare al bagno, io resto incollata alla poltrona e con gli occhi fissi sul mega schermo gigante. 
Mi guardo tutto il film, poi torno a casa e trovo il VHS che mi aveva comprato mio padre. In copertina lui e Rose sulla poppa della nave (o era la prua?). 
L'altro ricordo è simile: ci sono sempre io seduta su una poltrona rossa del cinema, c'è mia madre e c'è mia nonna. Solo che a un certo punto mi ricordo di aver iniziato a vomitare dentro una busta di plastica, trovata lì per caso, mentre Leonardo e la rossa sono intrappolati come topi all'interno della nave. 
Il primo ricordo è di sicuro il mio, il secondo dovrebbe essere di quella che penso sia la mia metà perfetta.
È che certe cose ce le siamo raccontate talmente bene, le abbiamo vissute gomito a gomito, che non riesco a definire il limite esatto dei miei ricordi con i suoi. 
Così come non riesco a dividere le mia guancia dalla sua, a staccare le mie labbra dal suo viso così pallido, scavato, provato. 
Le mie viscere si rivoltano di fronte le sue lacrime, inizio a voler vomitare subito e in fretta.
Non escono parole giuste a colmare i silenzi, so solo pensare a quanto siamo state uguali e diverse e quanto sia ingiusta la vita con lei.

È che certe cose tornano, ma le persone non possono tornare mai. 
I ricordi, invece, restano dentro e i miei e suoi sono spesso identici. 
E in questi giorni li sto ripassando, non so perché, ma mi sembra che è l'unica cosa che io riesca a fare.